Il gioco che ci riguarda, The Chant, può essere inquadrato all’interno di questa corrente rivitalizzante del genere. I suoi sviluppatori, Brass Token, fanno il loro debutto come studio con il suo lancio, ma i responsabili sono ex componenti di Rockstar o United From Games che hanno molti anni di esperienza nello sviluppo di videogiochi. Tutta questa esperienza accumulata si nota, poiché The Chant parte da una proposta molto stereotipata, senza grosse novità, ma riesce ad eseguire correttamente tutto ciò che propone.

Il gioco
La premessa ci pone su un’isola trasformata in ritiro spirituale. La nostra protagonista decide di recarsi sull’isola su consiglio di un’amica per cercare di liberarsi dal peso e dal tormento che soffre per il trauma causato da una perdita subita alcuni anni fa. All’arrivo, entrambi si presentano al gruppo e, quello che inizialmente sembrava un incontro di gruppo in cui espongono i loro problemi, finisce per andare terribilmente storto dopo un rituale andato storto e che finisce per aprire un varco verso un luogo di caos in cui i loro gli incubi si materializzano e iniziano a fondersi con la realtà.
Ci sono forti reminiscenze di opere come Silent Hill, Evil Within o Deadly Premonition quando si tratta di affrontare questa dualità di mondi e di riflettere su come avviene la crescente interconnessione tra i due. Questi momenti onirici, afflitti da visioni e situazioni snervanti, sono tra i migliori del gioco, catturando perfettamente un tono che a volte è a metà strada tra la serie B e il più importante terrore cosmico.
In questi ultimi mesi avevo seguito le tracce di questo The Chant senza sapere molto bene cosa aspettarmi. All’inizio pensavo di ritrovarmi con un gioco in stile narrativo come Until Dawn o The Quarry, ma in seguito i trailer mi hanno fatto pensare più a qualcosa in stile survival o addirittura a un sandbox in cui esplorare liberamente l’isola. La verità è che ho finalmente trovato, con mia grande gioia, un approccio più tradizionale.

Gameplay ed altro
The Chant è un gioco narrativo, sì, ma la sua struttura giocabile ricorda ancora quella di The Last of Us o di Alan Wake. Con una prospettiva in terza persona e una telecamera in spalla, dobbiamo esplorare gli scenari in maniera abbastanza lineare, raggiungendo una serie di obiettivi. Lungo il percorso troveremo piccoli enigmi, molto semplici come trovare un oggetto vicino e metterlo al posto giusto e un po’ più di libertà di esplorare in alcune sezioni.
Troveremo anche oggetti da collezione sotto forma di documenti di testo o video che ci forniranno un po’ più di informazioni sulla verità che l’isola e il suo culto nascondono e un piccolo sistema di creazione simile a The Last of Us. Gli scontri con i nemici inizialmente ci mettono in svantaggio ed è importante sapere come fuggirli. Il combattimento è forse il punto meno rilevante del gioco, con un sistema corpo a corpo che, per la sua semplicità, non è altro che funzionale.
Tecnicamente dimostra che il gioco non ha avuto un budget molto allentato, ma la sezione artistica riesce a salvare di gran lunga il ballottaggio e in termini di prestazioni rimane abbastanza stabile. Allo stesso modo, per dare vita ai personaggi sono stati utilizzati attori con un certo background cinematografico e questo si nota nel livello delle interpretazioni.

In conclusione
The Chant, in conclusione, è un titolo che non inventa nulla di nuovo, è un moderno gioco horror in terza persona che beve sfacciatamente le influenze di altri giochi popolari senza raggiungere il proprio livello, ma la realtà è che non fa male a nulla di quanto proposto e riesce ad offrire un’ottima esperienza.